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Apple e dati post mortem: il Tribunale di Milano impone all'azienda di garantire ai familiari l'accesso ai dati


giovedì 11 febbraio 2021
di s-mart.biz



La vincenda in oggetto è una delle tante, tragiche storie legate alla strada: un brutto incidente stradale si porta via un giovane ragazzo. L'iPhone finisce distrutto, assieme alla macchina e alla vita di Pietro, nome di fantasia, che è un giovane chef. La famiglia, con l'aiuto dei propri avvocati, fa una prima richiesta direttamente ad Apple chiedendo di poter avere accesso ai file presenti sull'iPhone per "cercare di colmare almeno in parte il senso di vuoto": il dispositivo è colmo di foto, video e ricette, recuperabili perchè sincronizzate in cloud, che la famiglia ha intenzione di raccogliere in una pubblicazione in memoria del figlio.

Apple, sul tema dell'accesso ai dati, ha lavorato anni per costruirsi la fama di azienda estremamente attenta alla privacy dei suoi clienti, al punto da aver fatto ripetutamente scandalo per il diniego di accesso ai dati anche in caso in indagini penali. E infatti l'azienda di Cupertino ha rifiutato l'accesso ai dati dopo la prima richiesta: la motivazione è stata la necessità di proteggere l'identità dei terzi in contatto con il ragazzo, ma anche la sicurezza dei clienti.

In dettaglio Apple spiegava che, per procedere all'accesso ai dati, la famiglia avrebbe dovuto dimostrare una serie di requisiti che suonano piuttosto assurdi dato il caso: i genitori avrebbero dovuto dimostrare di essere "agenti" della vittima, legittimati da un consenso raccolto in maniera legittima secondo le previsioni dell'Electronic Communications Privacy Act.

A questo punto la famiglia ha avanzato la richiesta al Tribunale Civile di Milano: qui il giudice della prima sezione, Marta Flamini, ha disposto l'obbligo, per Appple, di garantire ai genitori l'accesso al dati del figlio. Le motivazioni sono state molteplici: prima di tutto è stata considerata illegittima la pretesa da parte di Apple di dimostrare una serie di requisiti da parte della famiglia, facendo esplicito riferimento all'art 2-terdecies del Codice Privacy italiano che indica che, in assenza di un esplicito divieto scritto espresso dalla persona ancora in vita, i diritti sui dati saranno di chi agisca per ragioni familiari meritevoli di protezione. Alla luce di questo, la Giudice ha ritenuto la famiglia legittimata ad accedere ai dati sia per il legame esistente genitore - figlio, sia per la volontà espressa di ottenere i dati a fini di realizzare un progetto in memoria del ragazzo: sono tutti elementi che costituiscono un interesse legittimo.

Sulla pretesa da parte di Apple di non concedere l'accesso ai dati per la protezione dell'identità di terzi, il Tribunale di Milano ha invece ritenuto del tutto illegitima la pretesa da parte i Apple di "subordinare l'esercizio di un diritto riconosciuto riconosciuto dall’ordinamento giuridico italiano, alla previsione di requisiti del tutto estranei alle norme di legge”.

Nei fatti quindi i dati sono stati riconosciuti come vera e propria eredità digitale. 




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