GUARDA QUIhttps://accademiaitalianaprivacy.it/areaprivata/foto/2022/01.jpg

Dettaglio news
Privacy e teorie filosofiche


giovedì 18 dicembre 2025
di Avv. Gianni Dell'aiuto



Karl Popper è stato uno dei grandi filosofi della scienza del Novecento, nato in Austria e naturalizzato inglese. La sua idea centrale, tanto semplice quanto rivoluzionaria, era che una teoria scientifica non è valida perché “dimostrata”, ma perché può essere sottoposta a verifica e, se necessario, falsificata. In altri termini, possiamo dire che non conta se un’ipotesi venga confermata mille volte, ma che esista almeno un modo concreto per metterla alla prova e scoprire se è falsa.

Questo approccio, all'apparenza solo scientifico e tecnico, sembra lontanissimo dal mondo del diritto ma può invece trovare applicazione al mondo dei contratti e insegnarci molto quando parliamo di protezione dei dati e di GDPR. Troppo spesso, infatti, le aziende si limitano a scrivere documenti perfetti sulla carta: accordi, ma anche privacy policy ben redatte, registri delle attività completi, informative ricche di richiami normativi.

Tutto vero, ma tutto fragile se non è possibile verificarne l’effettiva applicazione nella pratica.

Oltre la carta: quando il GDPR diventa un sistema "falsificabile"

Applicare Popper al GDPR significa accettare che la vera forza di un sistema di protezione dei dati sta nella possibilità di “falsificarlo”, cioè di testarlo, di metterlo sotto stress, di verificare se resiste davanti a un audit, a un’ispezione del Garante o, peggio ancora, a un data breach. Una policy che non sopravvive a queste prove è come una teoria scientifica che non supera il test della falsificazione: elegante ma inutile.

Il limite della "pecetta": perché il copia-incolla non protegge l'azienda

Molti imprenditori credono che basti appiccicare sul sito una privacy policy generica, magari copiata e incollata da un concorrente, per essere al riparo da ogni problema. Una sorta di “pecetta” digitale che, nella loro convinzione, li copre da ogni rischio. In realtà è un’illusione pericolosa: quella dichiarazione standardizzata non vale per tutto e tutti, perché ogni azienda tratta dati in modo diverso e ogni trattamento comporta rischi specifici che vanno affrontati con misure concrete, non con frasi preconfezionate.

Ecco allora la lezione. Non basta dichiarare di essere compliant, serve un approccio critico e razionale, capace di cercare attivamente i punti deboli prima che li trovi qualcun altro. Popper ci ricorderebbe che la scienza avanza grazie agli errori smascherati.

Allo stesso modo, la protezione dei dati diventa solida solo se sappiamo individuare e correggere in anticipo le falle, senza attendere che siano gli eventi o le autorità a farlo per noi. Il GDPR non è un paragrafo da copiare e incollare, ma un mestiere da fare ogni giorno. Le “pecette” sul sito valgono meno di un francobollo, se dietro non ci sono controlli reali. E i controlli, oggi, non li fanno i filosofi ma i professionisti: legali che conoscono la norma e tecnici che conoscono le macchine.

Solo insieme possono dare all’imprenditore ciò che nessun copia-incolla garantirà mai: la certezza che i dati siano davvero al sicuro.




CONDIVIDI QUESTA PAGINA!