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lunedì 10 febbraio 2020
Avv. Gianni Dell’Aiuto
Il GDPR ha posto seri e rigorosi limiti ad ogni forma di marketing e pubblicità non espressamente autorizzati dall’interessato che, così, dovrebbe vedere drasticamente ridurre il numero di mail, messaggi e telefonate con le quali un’azienda si premura di portarlo a conoscenza di sconti, offerte, promozioni, nuove campagne e così via.
Tuttavia al Considerando 47, il regolamento europeo sembra voler offrire uno spiraglio alle aziende. La norma, infatti, all’ultima riga, espressamente prevede che “può essere considerato legittimo interesse trattare dati personali per finalità di marketing diretto.” Si tratta in estrema sintesi del corollario dell’intero capo nel quale, con linguaggio a dire il vero abbastanza contorto, viene concessa una maggiore libertà per gli operatori commerciali per offrire nuovi prodotti o servizi alla loro clientela quando questa possa “ragionevolmente attendersi” che venga eseguita una forma di trattamento dei dati.
Potremmo fare alcuni esempi come l’upgrade di un prodotto acquistato o una nuova versione. Ovviamente meglio sarebbe se, al momento dell’acquisto, venisse richiesto un espresso consenso all’invio di questa tipologia di avvisi ma, comprendendo le necessità organizzative di un’azienda e tenuto a mente che il GDPR prevede anche di tenere presenti le circostanze economiche, la norma offre uno spazio di interpretazione che ben può essere utilizzato. Naturalmente tutto ciò può essere posto in essere senza che l’interesse dell’operatore travalichi quello dell’interessato. Come dire: sì all’invio di una pubblicità quando abbiamo l’upgrade di un prodotto, ma non quando gli aggiornamenti vengono comunicati quotidianamente o sotto forma di diverse possibilità di acquisto.
Si tratta di un “buco” nelle maglie della rete del GDPR, ma da utilizzare con la dovuta cautela: ad esempio la maggior parte delle aziende si sentirà libera di inviare tali tipi di comunicazioni pubblicitarie verso quei clienti acquisiti prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, presupponendo l'esistenza di un concenso implicito già acquisito. Non è così in una stretta interpretazione del regolamento, in base al quale nulla può essere implicito o sottinteso, ma resta comunque una possibilità aperta per un’azienda.
In tal senso anche il D. Lgs. 101/2018 all’art. 130, comma 4, specifica che “…se il titolare del trattamento utilizza, a fini di vendita diretta di propri prodotti o servizi, le coordinate di posta elettronica fornite dall’interessato nel contesto della vendita di un prodotto o di un servizio, può non richiedere il consenso dell’interessato, sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto della vendita e l’interessato, adeguatamente informato, non rifiuti tale uso, inizialmente o in occasione di successive comunicazioni. L’interessato, al momento della raccolta e in occasione dell’invio di ogni comunicazione effettuata per le finalità di cui al presente comma, è informato della possibilità di opporsi in ogni momento al trattamento, in maniera agevole e gratuitamente”.
Ribadito quindi, ancora una volta, il dovere di informare l’interessato della possibilità di opporsi all’invio in qualsiasi momento.
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