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Breve panoramica sui reati informatici


martedì 10 settembre 2019
Avv. Gianni Dell’Aiuto





Quelli che vengono definiti reati informatici, o più genericamente fattispecie di Cybercrime, sono in realtà tutte le ipotesi di reato commessi mediante l’utilizzo di tecnologie informatiche o telematiche ma, in chiave di lettura più ampia e forse corretta, possono essere inseriti nella categoria anche tutte le fattispecie di reato “classiche”, quando possono essere commessi mediante un computer o un cellulare. Quindi non solo phishing e furto dati, ma anche truffa o diffamazione, nonché altre ipotesi che potrebbero anche ricomprendere l’istigazione al suicidio. Ipotesi purtroppo già affrontata e con vittime giovani.

In una chiave di lettura più restrittiva, possiamo ricondurre alla categoria dei reati informatici solo quelli più strettamente tipizzati nel nostro Codice Penale e espressamente previsti da norme vigenti, create oltretutto ad hoc in quanto, nel momento in cui venne redatto (1940), il computer ed internet erano ipotesi non fantascientifiche ma decisamente futuribili.

La prima fattispecie è quella di cui all’art. 640 Ter, la “Truffa Informatica.” La norma, inserita nel 1992, punisce la condotta di chi, “alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno". La pena è la stessa della Truffa: da sei mesi a tre anni di reclusione oltre alla multa.

Una previsione così ampia, come quella prevista dal legislatore, fa rientrare nella fattispecie, ad esempio, anche l'hacker di un profilo social che pubblichi post o mandi messaggi utilizzando il nome e le immagini del legittimo titolare. Si noti che, a differenza della truffa ordinaria, non è prevista nella norma una componente di utilità economica e conseguente danno patrimoniale. Ipotesi aggravate, con pene sensibilmente più alte, sono previste se il fatto è  commesso dagli operatori di sistema, con utilizzo dell’identità personale altrui, o a danno di enti pubblici.

L’articolo 615 bis CP, già introdotto nel 1974, punisce la condotta di chiunque riveli o diffonda immagini private di altre persone, ottenute indebitamente. Sembra che, già a suo tempo, venne prevista l’ipotesi di quello che oggi definiamo Revenge Porn, inserito poi nel Codice Penale all’art. 612 ter, lo scorso Luglio.

Il semplice accesso a sistemi informatici altrui è previsto all’art. 615 ter che, oltre a punire il semplice accesso contro la volontà del titolare, prevede aggravanti non solo per chi distrugga il sistema, ma anche se il fatto è commesso da pubblici ufficiali ovvero con violenza. Continuando la lettura del Codice, al successivo art. 615 quater, viene disciplinata l’ipotesi di diffusione dei dati di accesso e codici altrui; ma la reclusione fino ad un anno non è certo un deterrente per coloro che, sistematicamente, accedono ai PC di aziende, privati, pubbliche amministrazioni e mettono on line codici, password e altre informazioni.

L’art. 615 quinquies, conclude la serie per punire il comportamento di chi invia virus o utilizza qualsiasi altro strumento per accedere ai sistemi altrui e distruggere dati, file. Una norma che tocca tutti gli hacker.




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