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Accountability: ripensiamola in concreto


giovedì 20 novembre 2025
di Avv. Gianni Dell’Aiuto



 

In azienda tutti parlano di digitale, di cybersecurity, di cloud. Ma la verità è che non esiste tecnologia che tenga se manca la disciplina. E la disciplina, in un’impresa, non si improvvisa: si costruisce con regole chiare, ruoli definiti, responsabilità che non cambiano a seconda dell’umore o del reparto. Negli ultimi anni si è pensato che bastasse la tecnologia per proteggere tutto. Firewall, password, antivirus, sistemi in cloud: strumenti indispensabili, certo, ma non risolutivi. Perché dietro ogni dato, ogni accesso, ogni procedura c’è sempre una persona. E se quella persona non è formata, istruita, vincolata da un impegno concreto, il rischio non è solo che i dati escano: è che non si sappia nemmeno di chi sia la colpa. 


Sicurezza informatica e tecnologia: perché non basterà mai (il caso reale)

Un tribunale americano, a Settembre, ha ricordato una verità elementare. Un’azienda aveva denunciato alcuni ex dipendenti che, dopo aver lasciato la società, avevano conservato informazioni riservate. Tutto documentato, tutto tracciato. Ma mancavano i documenti giusti: nessuna clausola di riservatezza, nessun accordo di non divulgazione, nessun obbligo scritto che limitasse l’uso di quei dati. Il giudice non ha avuto dubbi: la sicurezza informatica, da sola, non basta.

Non bastano i sistemi se mancano le regole. Non bastano le password se manca la carta. È un principio universale. Vale a New York come a Milano. Vale per il segreto industriale come per la protezione dei dati personali. E vale, soprattutto, per le aziende che si illudono che basti un software per risolvere problemi che sono invece di metodo e di responsabilità. 

Ogni impresa vive di memoria. La memoria non è solo nei server o nei database. È nelle persone che la custodiscono. E quando un socio o un collaboratore lascia l’azienda, porta via anche un pezzo di quella memoria. A volte senza volerlo, a volte con più consapevolezza di quanto non dica.

Per questo servono regole. Regole scritte, firmate, condivise. Perché la fiducia non è un sentimento, è un contratto. E senza un contratto, la fiducia resta aria.
Nel diritto, la forma non è burocrazia: è garanzia. Ogni nomina, ogni lettera d’incarico, ogni impegno di riservatezza è una forma di protezione. Chi lo capisce prima, evita problemi dopo. Chi pensa che siano solo adempimenti, un giorno si ritroverà davanti a un giudice a cercare fogli che non esistono. E in quel momento, non basteranno server sicuri o cloud certificati. Servirà una firma. 

 Per approfondire > Le strette correlazioni tra corporate governance e GDPR


Accountability e metodo:quando la carta diventa memoria giuridica

La lezione è semplice: non basta fare bene le cose, bisogna saperlo dimostrare. Nel GDPR si chiama accountability. In azienda si chiama metodo. E il metodo non si improvvisa. Un’azienda che documenta, che forma, che aggiorna, che fa firmare e conserva, non è burocratica. È solida. È seria. È credibile. La protezione dei dati, la riservatezza, la sicurezza: tutto questo non è un orpello per compiacere il Garante. È il modo in cui un’impresa dimostra a sé stessa e agli altri che è affidabile.
Un sistema di regole scritte non ingessa, libera. Perché toglie il dubbio, elimina l’ambiguità, chiarisce la responsabilità.

C’è una differenza tra l’azienda che si affida alla tecnologia e quella che costruisce metodo. La prima reagisce agli incidenti. La seconda li previene. E quando succede qualcosa — un furto di dati, un abbandono improvviso, una fuga di notizie — la differenza non sta nei server, ma nei documenti. Un foglio ben scritto, una clausola firmata, un NDA fatto con criterio valgono più di qualsiasi firewall. Perché la carta non serve solo a ricordare. Serve a dimostrare che qualcuno ha pensato, valutato, deciso. Serve a dire: “questo è il nostro modo di lavorare e chi lavora con noi lo rispetta.”

Un’impresa moderna non si misura dai software che usa, ma dalla cultura che costruisce. E la cultura aziendale, quella vera, non si dichiara in un post o in una slide. Si riconosce nei comportamenti, nei processi, nei documenti. Ogni firma è un atto di responsabilità. Ogni procedura scritta è un passo verso la maturità. Si può lasciare un’azienda, ma non si può portare via la sua memoria. Chi la porta via, tradisce la fiducia. Chi non la protegge, tradisce sé stesso. 

La differenza tra chi improvvisa e chi costruisce sta tutta lì: nella serietà con cui si tratta la carta. Perché la carta non è burocrazia. È memoria giuridica. È metodo. È cultura. E un’azienda che non ha cultura non ha futuro.




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