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lunedì 28 ottobre 2024
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto
La recentissima vicenda che, ancora una volta, ci dimostra come nessuno sia al sicuro, riapre il dibattito sulla sicurezza online.
Dal Presidente della Repubblica fino all’ultimo cittadino, il pericolo di essere spiati, hackerati, monitorati, e addirittura oggetto di dossieraggio, è ormai una regola a cui sembra impossibile sfuggire. I nostri dati — pensiamo solo a quelli anagrafici e sanitari — sono conservati in archivi pubblici teoricamente protetti, mentre noi stessi continuiamo ogni giorno ad alimentare il web con informazioni su di noi, senza nemmeno accorgercene. Questa pagina che stai leggendo, perfino, è una traccia: anche solo l’interesse per l’argomento dice molto a chi sta osservando. Dobbiamo metterci in testa che ogni gesto digitale lascia una scia: un mosaico invisibile che, pezzo dopo pezzo, diventa il nostro ritratto più intimo.
Se gli archivi pubblici possono offrirci qualche garanzia di protezione, lo stesso non vale per i privati. A questi affidiamo molto di più di qualche dato personale: documenti, foto, video, interazioni sociali. E tutto questo rimane lì, spesso custodito da sistemi di sicurezza insufficienti. I ladri non entrano più dalla finestra, scavalcando il giardino di casa, ma dal nostro cellulare e dal computer che abbiamo sempre con noi, che ci illudiamo siano come casseforti, mentre, in realtà, sono case dalle finestre spalancate.
Per saperne di più > Hacker: chi sono e cosa vogliono. Possiamo difenderci
Gli attacchi avvengono in modi sempre più raffinati, dalle mani esperte di ex agenti segreti o investigatori, che si muovono nell’ombra del dossieraggio, fino ai criminali di turno che sfruttano l'ingenuità di chi cade nei tranelli del phishing e delle truffe online. E non occorre essere una celebrità per essere nel mirino: oggi ognuno di noi può essere spiato o truffato con una facilità che mette i brividi.
Viviamo ormai a cavallo tra due mondi che si confondono e si compenetrano: una vita mezza online e mezza reale, dove i confini sono così sottili che non riusciamo più a distinguere cosa sia pubblico e cosa privato. Il nostro mondo è un teatro di vetrine e dentro ci siamo noi volontariamente a raccontare ogni momento, ad affidare emozioni, pensieri e tracce della nostra esistenza a un sistema che registra tutto. Per i giovani, però, sarà ancora peggio: nati e cresciuti in questa rete di specchi e vetrine, troveranno normale aprire ogni dettaglio della loro vita, mentre il concetto stesso di intimità sfumerà fino a scomparire. La realtà e l’immagine di sé si sovrapporranno in modo irreversibile, e forse, alla fine, nemmeno sapranno chi sono veramente.
Il problema è che, di fronte a questa complessità, antivirus e password sono ormai scudi di carta. Ci illudiamo che con una password robusta o con un aggiornamento al software possiamo tenere fuori i malintenzionati, ma la verità è che il nemico è già dentro casa. Gli attacchi di oggi non mirano semplicemente a violare le difese tecnologiche; penetrano nelle falle dei comportamenti umani, sfruttano la disattenzione e l'abitudine a fidarci troppo delle protezioni di facciata. Basta una finta mail dall’apparenza familiare o un link fraudolento e, in pochi istanti, gli accessi sono violati, i dati carpiti. La nostra sicurezza, affidata solo a una manciata di misure digitali, è un castello di carte in un mondo che cambia troppo rapidamente perché antivirus e password possano davvero reggere l’impatto.
Per saperne di più > Perchè l'antivirus non basta più
Le aziende, dal canto loro, devono cambiare radicalmente il modo di affrontare queste sfide. Non basta adottare programmi di protezione informatica: devono rafforzare le maglie della loro sicurezza attraverso una vigilanza attiva e articolata. Una prima arma è la lettera di incarico, che chiarisca la responsabilità degli operatori su come trattare dati e informazioni. Ma c'è bisogno di più: si devono costruire catene interne di privacy, che proteggano ogni livello aziendale, impedendo accessi indiscriminati e limitando le informazioni ai soli addetti. È un lavoro che deve coinvolgere tutti, dalla direzione all’ultimo dipendente, con controlli regolari e una formazione costante. Non si tratta solo di aggiornare software, ma di creare una cultura aziendale della sicurezza, dove ogni mossa sia ponderata e ogni contatto monitorato.
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Chiudere tutto a chiave non ci salverà dal rischio di essere spiati, traditi o derubati. Possiamo alzare le barriere, certo, ma dobbiamo anche rassegnarci all’idea che, per vivere nel mondo di oggi, si rinuncia a un pezzo della propria intimità. La soluzione? Non esiste. Forse la vera risposta è semplicemente sapere che, dietro ogni schermo, c’è sempre qualcuno che guarda, e che forse il massimo che possiamo fare è scegliere cosa far vedere e cosa tenere nascosto. E magari, ogni tanto, togliere il piede dal web e riprendere il gusto di una conversazione a quattr’occhi, tra amici, con un bicchiere di vino o un caffè, lontani da microfoni e occhi indiscreti.
Sarebbe anche un modo per recuperare una dimensione umana che sta svanendo.
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