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giovedì 24 ottobre 2024
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto
Siamo nell’era del digitale, e mentre tutti sono occupati a vendere o comprare qualcosa, quello che più sorprende è che la merce più ambita, più ricercata e, perché no, più scambiata al mondo non è l'oro, non sono i diamanti, né tantomeno il petrolio.
No, signori miei, oggi il bene più prezioso è un altro: sono i vostri dati personali. Sì, proprio quelli che consegnate ogni giorno con la grazia di chi regala un mazzo di fiori, senza nemmeno chiedersi dove finiranno. e, meglio ricordarlo, i dati personali una volta in mano a chi sa come usarli, permettono di ricostruire la vostra identità, la vostra personalità, quella della vostra famiglia.
Voi pensate di essere padroni delle vostre vite digitali, ma in realtà siete diventati i migliori fornitori di informazioni altrui. Facebook? Google? Instagram? Ma certo, sono servizi gratuiti, dicono.
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E chi mai rifiuterebbe un favore gratuito?
Peccato che, mentre voi postate la foto del vostro gatto o dell’ultimo brunch alla moda, loro raccolgono ogni briciola delle vostre preferenze, abitudini, desideri, e la trasformano in oro. Perché, cari miei, il "gratis" è il più grande affare nella storia del commercio: lo pagate voi, con i vostri dati.
C’è un mercato che gira tutto intorno a questo. I dati personali sono il nuovo oro nero, ma qui non si trivella il terreno, si scava nel profondo delle vostre vite. Ogni ricerca su Google, ogni acquisto online, ogni "Mi piace" contribuisce a quel grande puzzle digitale che le aziende vendono al miglior offerente. Sì, perché mentre voi vi divertite, dall’altra parte ci sono eserciti di analisti e marketer che, come piccoli Sherlock Holmes, mettono insieme i pezzi del vostro comportamento per capire cosa vi farà comprare la prossima volta. E non solo comprare: ormai ci suggeriscono persino chi votare e a cosa credere.
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Siamo onesti, nessuno legge quelle lunghe e incomprensibili informative sulla privacy. Chi mai potrebbe? Dopo cinque righe abbiamo già perso la pazienza. Ma è proprio lì, tra quelle frasi che sembrano scritte per confondere anche un avvocato, che voi firmate il vostro accordo: i dati in cambio di un paio di app gratuite e qualche notifica push.
Ora, non voglio essere troppo duro, ma è chiaro che ci siamo messi da soli in questo "gran bazar" dei dati personali, dove ogni cosa ha un prezzo, e quel prezzo lo stiamo pagando noi. Pensate che sia un esagerazione?
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Provate a riflettere su quanti scandali abbiamo visto negli ultimi anni: violazioni di sicurezza, furti di dati, hacker che si appropriano delle vostre informazioni come se fossero caramelle a una festa di compleanno. E voi, cosa fate? Postate un’altra foto. In fondo, chi ha tempo di preoccuparsi della privacy quando c’è un nuovo filtro su Instagram?
E così, mentre vi godete le meraviglie della modernità, i vostri dati sono esposti sul bancone del mercato digitale, pronti per essere comprati, venduti, scambiati, senza che nessuno vi chieda un parere. Ma non disperate, perché, dicono, ci sono leggi per proteggervi: il famoso GDPR, che suona più come un nome di un nuovo farmaco che come una protezione della privacy. Peccato che, anche con tutte le buone intenzioni, questo regolamento somigli più a un ombrellino da cocktail in una tempesta tropicale.
La verità è che siamo in balia di un sistema che abbiamo contribuito a creare. In questo bazar dei dati personali, l’unica moneta che conta è l’informazione, e noi la regaliamo con generosità. Non ci resta che una scelta: o continuiamo a far finta di nulla, consegnando pezzi della nostra vita senza pensarci due volte, o iniziamo a proteggerli come faremmo con il nostro portafoglio. Perché, in fondo, il vero furto oggi non è quello che avviene nei vicoli bui, ma tra i byte e i bit del nostro quotidiano digitale.
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Ah, e ricordate: come ogni bene prezioso, anche i dati personali sono tra i più rubati di sempre. Ma noi, anziché custodirli, li lasciamo lì, in bella mostra, sperando che nessuno se ne accorga. Illusi.
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