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Il ban a Trump e la gestione dei social. Un problema che va oltre il singolo caso


giovedì 4 marzo 2021
Avv. Gianni Dell’Aiuto





Il preminente e rilevante ruolo assunto da FACEBOOK nell’ambito dei social network, anche per quanto riguarda l’attuazione del pluralismo politico rende l’esclusione dalla comunità senz’altro produttiva di un pregiudizio non suscettibile di riparazione per equivalente (o non integralmente riparabile) specie in termini di danno all’immagine."

Il brano che precede, viene ripreso integralmente da un provvedimento del Tribunale di Roma con il quale, poco più di un anno fa, veniva accolto il ricorso cautelare promosso da Casapound nei confronti di Facebook con cui si chiedeva venisse riattivata la pagina oscurata del movimento politico. L’oscuramento era frutto di giudizi e argomentazioni unilaterali dei gestori della pagina, ritenendo che vi fossero contenuti contrari allo standard della community.

Nell’accogliere le ragioni di Casapound, la magistratura romana ha inserito, nella parte del provvedimento contenente le motivazioni, considerazioni che tornano alla mente a fronte del ban nei confronti di Donald Trump che ha scatenato polemiche tra i sostenitori del tycoon e i suoi detrattori i quali, mossi solo da politica e argomentazioni faziose, non potevano certo curarsi degli aspetti legali e sociali che pone il problema; aspetti che dovranno essere tenuti presente non solo nel dibattito politico. Corre l’obbligo di riportare integralmente un altro brano della decisione dei giudici romani.

"E’ infatti evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri social network ad esso collegati) con riferimento all’attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento. Ne deriva che il rapporto tra FACEBOOK e l’utente che intenda registrarsi al servizio (o con l’utente già abilitato al servizio come nel caso in esame) non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto FACEBOOK, ricopre una speciale posizione: tale speciale posizione comporta che FACEBOOK, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finché non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dell’utente. Il rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali costituisce per il soggetto FACEBOOK ad un tempo condizione e limite nel rapporto con gli utenti che chiedano l’accesso al proprio servizio".

In estrema sintesi il tribunale ha ricordato a Facebook che non è compito di un imprenditore privato quello di valutare le idee e le opinioni di un movimento politico; ciò non solo perché si tratta di una valutazione che spetta solo al potere giudiziario di uno Stato, ma anche perché verrebbe a limitare il dibattito e violerebbe regole elementari di democrazia.

Da un lato è triste ed allarmante pensare che la democrazia è demandata ai social con le criticità che pongono: dalle fake news ai falsi profili e non solo. Tuttavia dobbiamo prendere atto che oggi, epoca della rivoluzione digitale, le piazze dove discutere sono anche quelle virtuali. Sorgono allora interrogativi già venuti alla ribalta dopo che erano stati chiusi gli account dell’ex presidente americano ed il primo è se possa l’imprenditore che gestisce un social decidere di escludere un partito o un candidato perché non rispecchia le sue idee o, peggio ancora, va contro i suoi interessi economici?

Il Tribunale di Roma ha del resto precisato anche come sussistano aspetti di rilevanza civilistica in quanto tra le piattaforme e l’utente si instaura un vero e proprio rapporto contrattuale che una delle due parti non può decidere unilateralmente di scioglierlo sulla base del pensiero o opinione altrui. È un dibattito aperto in cui non sono in gioco solo gli interessi delle due parti, ma quelle della collettività anche in considerazione che, nelle sue condizioni standard, è Facebook stessa a dichiararsi luogo di libera espressione del pensiero. Le voci fuori dal coro sul punto, da parte di Massimo Cacciarri e Angela Merkel non erano pensieri sbagliati.




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