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giovedì 2 gennaio 2020
Come il nuovo social usa i dati raccolti e può causare danni irreparabili - Avv. Gianni Dell’Aiuto
Ci eravamo già dovuti occupare di Tik Tok, il nuovo social che sta avendo grande successo specialmente tra i giovanissimi; un fenomeno che sta spopolando sulla rete e che ha degradato Instagram, che non ha ancora compiuto dieci anni, ad una piattaforma ormai da vecchi. Che cosa quindi pensare di Facebook che ne ha già ben quindici? Definire “vecchio” un teenager, una volta era applicabile forse solo alle campionesse olimpioniche di ginnastica; adesso quello di “vecchio” è un concetto indefinibile e con cui dovremo fare i conti piuttosto spesso.
Tornando però al nuovo social, dobbiamo porre in evidenza che non solo pone le stesse problematiche e interrogativi già oggetto di attenzione con i suoi antenati, Facebook e Instagram, ma, in questo caso i rischi possano amplificarsi e toccare sfere impensabili. Tik Tok infatti ha alcune peculiarità che lo rendono un caso unico, in primis la circostanza che il pubblico di utenti è formato principalmente da giovanissimi, cui sembra proprio non interessare che i loro dati personali vengano raccolti senza alcuna forma di controllo dalla società proprietaria che si trova in Cina. Ecco quindi che i dati relativi agli stimati dodici milioni di video pubblicati ogni giorno (e il dato appare riduttivo), finiscono in enormi database impossibili da controllare.
L’informativa che si trova sul sito in merito al trattamento è a dir poco significativa e può essere sintetizzata nei seguenti termini: “i vostri dati sono a nostra totale disposizione e possiamo farci ciò che vogliamo”. Come infatti si potrebbero diversamente interpretare frasi quali “Raccogliamo altresì informazioni sull’utente qualora quest’ultimo scarichi l’app e interagisca con la Piattaforma, pur non creando un proprio account. Per piu informazioni, clicca qui.” Chi scrive può garantire che ha provato a cliccare sul “qui”. Ma non vi è alcun link che si apre. Forse solo un disservizio momentaneo. Spero.
Andiamo avanti nella lettura dell’informativa: "Condividiamo i dati dell’utente con fornitori di servizi terzi che ci supportano nel funzionamento della Piattaforma, compresi i provider di archiviazione”. Si tratta di un’altra frase sintomatica di come ogni dato raccolto possa andare in mano semplicemente a chiunque; parlando in particolare di provider di archiviazione eccoci portati a conoscenza del fatto che i nostri dati possono essere conservati per sempre e, appunto, niente si dice sul periodo di conservazione. Interessante anche il punto in cui veniamo gentilmente informati che, in caso di revoca del consenso al trattamento, non è possibile incidere su quelli effettuati precedentemente a detta revoca; ergo se i dati sono stati trasferiti ad un provider o a un partner commerciale, questi può continuare a conservarli e monitorarli.
Del resto siamo a conoscenza che le "informazioni dell’utente possono essere condivise con altri membri, società sussidiarie o affiliate del nostro gruppo d’imprese, per arricchire la Piattaforma, migliorarle e ottimizzarle e per, prevenire l’uso illegale e supportare gli utenti": quindi Tik Tok ben può trasferire tutti i dati ottenuti dall’utente ad una sua associata al momento stesso dell’iscrizione. E il gioco di archiviazione è fatto.
A totale discrezione della piattaforma ben si potrebbe poi considerare l’invio di pubblicità come attività di supporto dell’utente. Considerato che questa pubblicità potrebbe giungere da siti fuori dall’Europa, appare essere inutile chiedere la cancellazione da una mailing list. Sembra che Mark Zuckerberg stia prendendo contromisure, permettendo di far eseguire le stesse azioni di Tik Tok in una sezione di Instagram e c’è quasi da sperare che il colosso americano limiti quello cinese, quantomeno perché negli Stati Uniti vi sono forme di controllo e sanzioni più efficaci. Vi sono altri aspetti che destano attenzione. Tik Tok avrebbe bloccato i contenuti a favore dei manifestanti di Hong Kong. L’avviso viene proprio da Zuckerberg, e non ha trovato smentita, ma appare del tutto logico, in quanto il social è sottoposto alle leggi e al controllo di Pechino.
Negli Stati Uniti è in via di definizione la prima class action nei confronti di Tik Tok, mentre il governo dell’India ha lanciato un allarme sul rischio che un social da circa ottocento milioni di utenti in costante crescita, frequentato per oltre il 30% da minorenni, possa essere un veicolo di diffusione o agevolazione della pedopornografia. Considerato in particolare che per accedervi basta dichiarare di avere l’età minima (ben 13 anni!), è intuitivo come sia concreto il rischio che qualcuno possa spacciarsi per un ragazzino usando profili fake. E pur sapendo che molti utenti rientrano in quella fascia di età, i gestori non si sono certo premurati di chiedere un permesso ai genitori o approntare altra forma di controllo. Pleonastico, ma opportuno, è poi ricordare che molti ragazzini anche alle elementari sono in possesso di uno smartphone e non si fanno certo remore a dichiarare do avere superato la soglia dei tredici anni.
Difficile però arginare un fenomeno che ha generato nuovi giovanissimi influencer che, con like e condivisioni, muovono cifre impressionanti mediante sponsorizzazioni ed anche i politici non sono certo immuni dal richiamo di questo veicolo pubblicitario.
Un capitolo a parte, ad ulteriore dimostrazione della pericolosità di questo social, è il pericolo non solo delle ormai purtroppo normali notizie fake, che sembrano già pullulare sul sito, ma anche di deep fake e, ovviamente, il concreto rischio sottovalutato dai più giovani che le loro immagini, considerate semplici giochi o goliardate, resteranno per sempre on line. La reputazione sarebbe un valore di cui molti non si rendono conto, ma la rete ha una memoria lunga, anzi: infinita ed eterna.
Ultima osservazione: in clima di elezioni, specialmente le prossime per la presidenza degli Stati Uniti, sembra siano in aumento su Tik Tok, dove non esiste controllo da parte di debunkers, cioè coloro che verificano l’autenticità delle notizie, contenuti non proprio veritieri su questioni quali il clima, l’immigrazione e i diritti LGBT; argomenti top in qualsiasi campagna elettorale. I rischi che da un server incontrollabile, o controllato da chi ha interessi specifici, sono evidenti. Un ulteriore problema non da poco che dovrebbe essere affrontato.
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