GUARDA QUIhttps://www.accademiaitalianaprivacy.it/assets/images/immagineFB.jpg

Dettaglio news
Oblio in rete: diritto o controsenso?


giovedì 21 novembre 2019
Avv. Gianni Dell’Aiuto



Il GDPR, nella sua versione in Inglese, prevede il “Right to be erasure”, vale a dire il diritto di ogni utente di un servizio, di ottenere la cancellazione dei propri dati dagli archivi di un’azienda o organizzazione a cui aveva prestato il consenso al trattamento. In maniera non proprio opportuna, il titolo dell’art. 17 del Regolamento Europeo, prosegue inserendo tra parentesi e virgolettato il “right to be forgotten” quello che traduciamo in Italiano con “diritto all’oblio”. Questo inserimento, probabilmente inutile, crea non poche difficoltà interpretative e di comprensione della norma, in quanto, specialmente nella giurisprudenza italiana, il diritto all’oblio è istituto giuridico che ha un suo scopo specifico e niente avrebbe a che vedere con la cancellazione dei dati da un server o da un archivio.

Nel nostro ordinamento, infatti, la Corte di Cassazione ha definito il diritto all’oblio come “il giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata”. In sostanza si tratta della protezione che viene riconosciuta a chi ha commesso un reato, ovvero è stato coinvolto in una vicenda di rilievo da assurgere agli onori della cronaca, e si trova nella condizione di vedere il fatto ancora esposto alla pubblica attenzione quando viceversa, non vi è più interesse ovvero quello alla sua riservatezza, l’interesse privato, prevalga su quello pubblico oggetto dei diritti di stampa e di cronaca.

Per approfondire >>> Ancora diritto all'oblio: il Garante Italiano lo riconosce anche per chi si riabilita

 È immediatamente intuitivo come si verta in una fattispecie completamente differente rispetto a quella della cancellazione di dati di contatto quali indirizzi mail e utenze cellulari dal database di un’azienda commerciale o di un professionista che li aveva ottenuti per l’esecuzione di un incarico.
In ogni caso, e per entrambe le ipotesi, dobbiamo prendere spunto da una banale quanto spesso dimenticata considerazione: la rete ha una memoria lunga e infinita.

Ma laddove venga chiesta la cancellazione di un dato o un riferimento relativo ad un episodio di cronaca è facile individuare il destinatario nei siti di informazione, ben più complicata diventa la cancellazione di dati volontariamente messi online ovvero di quelli forniti a soggetti Titolari di Trattamento anche nelle debite forme. Premesso che su questi ultimi soggetti incombono gli obblighi di protezione previsti dal GDPR, non è detto che ciò avvenga; e le notizie di continui attacchi informatici non lasciano spazio a molto ottimismo.

Ne siamo tutti consapevoli, in quanto sappiamo che una foto o un dato, una volta inseriti nel web, sono nella disponibilità di tutti i navigatori e non solo di hacker o pirati informatici. Dati e immagini possono essere rilevati da chiunque abbia una competenza digitale anche minima e di cui non sono certo note le intenzioni. Sui social è possibile inserire dati di contatto quali mail e numeri di cellulare privati che possono essere raccolti e inseriti in banche dati che possono essere rivendute o messe a disposizione di aziende, associazioni, partiti politici e non solo.

Comprensibile pertanto come divenga difficile nei fatti giungere ad una totale cancellazione del dato.
Diventa quindi fondamentale iniziare a creare un senso di responsabilità verso la protezione dei dati e rendere i navigatori consapevoli della potenziale portata di un semplice click con il quale, senza curarsi di leggere un’informativa o una privacy policy, si presta un consenso indiscriminato al trattamento dei propri dati, ad iniziare da quelli di navigazione per accedere a un sito.

Dimenticare è umano, ma internet non vuole dimenticare”. È una frase di Viktor Mayer Schonberg, direttore dell’Innformation and Innovation Policy Researche Centre dell’Università di Singapore, ed è una frase che, anche se risale a circa dieci anni fa, è ancora attuale e, con l’aumento delle capacità di memoria della rete, e le istanze delle aziende in tal senso, è ancora ed ancor più di grande attualità.
Oblio, privacy, riservatezza e tutela della reputazione, sono qualcosa che difficilmente è compatibile con internet. Sta a noi cercare di recuperarli.




CONDIVIDI QUESTA PAGINA!