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Influencer marketing 2.0: tra SI, reputazione e nuovi doveri di trasparenza


lunedì 3 novembre 2025
Di Avv. Gianni Dell’Aiuto



Influencer marketing: tra IA, responsanbilità e consapevolezza

L’influencer marketing è entrato in una nuova fase.  Dopo la regolazione, arrivano l’intelligenza artificiale, la responsabilità reputazionale e l’obbligo di una trasparenza più profonda. I contenuti non sono più semplicemente creati, ma generati, filtrati, amplificati da algoritmi che conoscono il pubblico meglio di chi li osserva.

La domanda, per chi si occupa di diritto e di privacy, è semplice ma decisiva: chi risponde quando l’immagine non è più reale, e la fiducia non è più spontanea? L’uso di intelligenza artificiale nei contenuti digitali è ormai quotidiano. Filtri che alterano l’aspetto fisico, generatori di immagini e video, testi scritti da modelli linguistici: strumenti che moltiplicano la creatività ma cancellano il confine tra autentico e costruito.

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Il rischio non è solo estetico. Quando un contenuto generato da IA induce in errore, manipola la percezione o diffonde un messaggio ingannevole, la responsabilità legale non scompare dietro l’algoritmo. Rimane in capo a chi lo pubblica e, nei casi di collaborazione commerciale, anche a chi lo commissiona.

C’è poi il tema della reputazione. Nell’era della misurazione digitale, la reputazione è un dato. Si accumula, si perde, si trasferisce da un profilo all’altro. Gli algoritmi la leggono e la classificano, influenzando la visibilità dei contenuti e persino le opportunità professionali di chi li crea.

Difendere la reputazione significa, oggi, difendere un patrimonio informativo che può essere manipolato tanto quanto un’immagine o un video. È un diritto, ma anche una responsabilità: chi parla a un pubblico vasto ha il dovere di evitare che il proprio potere comunicativo diventi una forma di disinformazione o distorsione.

La trasparenza, in questo contesto, non può più limitarsi all’indicazione “contenuto sponsorizzato”. Diventa un principio di comportamento, un obbligo di chiarezza sui processi di creazione e sulle tecnologie impiegate.

Dire che un contenuto è stato realizzato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale non è solo corretto: è una forma di rispetto per chi lo guarda. La fiducia del pubblico, una volta perduta, non si ricostruisce con un hashtag. Del resto, anche gli avvocati devono dichiarare nel mandato che il cliente sottoscrive se i dati vengono profilati da sistemi di AI. Immaginiamo un influencer che deve fare i conti con i gusti, le preferenze e i sentimenti di migliaia di follower.

Per questo le aziende e gli influencer dovranno imparare a considerare la trasparenza non come una formalità, ma come parte integrante della strategia di comunicazione. Servono clausole precise nei contratti, che definiscano l’uso degli strumenti di intelligenza artificiale, i limiti di manipolazione delle immagini, la gestione dei dati raccolti e la responsabilità per eventuali effetti distorsivi o dannosi. Senza un quadro contrattuale chiaro, ogni campagna può trasformarsi in un rischio reputazionale e legale.

Conclusioni

L’era dell’influencer marketing 2.0 non è solo quella della tecnologia, ma della consapevolezza. La reputazione non si costruisce più a colpi di like, ma attraverso la coerenza tra ciò che si mostra e ciò che si è. In un ambiente digitale che vive di simulazioni, l’autenticità diventa la vera forma di trasparenza, e l’avvocato che accompagna imprese e creatori in questo percorso ne diventa il garante. Perché, come sempre, la fiducia non si compra: si dimostra, e si protegge.




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