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lunedì 23 giugno 2025
Di Avv. Gianni Dell'Aiuto
C’è un momento, nella storia delle idee, del progresso, degli eventi umani, in cui qualcosa cambia per sempre. Momenti simili sono quelli dell’invenzione della ruota o della bussola; di quando venne lanciato il primo smartphone o aprì il primo McDonald.
Non si sente il rumore, ma si avverte lo spostamento d’aria. Nel baseball, questo momento si è verificato nel momento in cui fece il suo ingresso nel gioco la sabermetrica. E da lì in poi, nulla è stato più come prima. Nasce dalla sigla, SABR, Society for American Baseball Research, e da una persona: Bill James, che ebbe l’ardire di prendere a pugni le verità accettate.
A James non bastavano le classifiche, le opinioni dei commentatori, le pacche sulle spalle nei corridoi degli spogliatoi.
Lui voleva sapere chi contribuisce davvero alla vittoria; chi aiuta la squadra a fare più punti dell’avversario e, soprattutto come si misura tutto questo? Avere un nome senza un perché, non avrebbe avuto senso. La sabermetrica non ha avuto paura di mettere da parte le emozioni per cercare la verità non preoccupandosi ci chi fosse il giocatore preferito del pubblico, ma chi spostava davvero gli equilibri in campo. La differenza, sottile ma cruciale, tra apparire e incidere. E per farlo occorrono una quantità infinita di dati a disposizione da analizzare, valutare, rivedere, implementare, comparare e così via.
Nasce così la sabermetrica, vale a dire la raccolta sistematica e l’analisi quantitativa di ogni singolo evento che avviene durante una partita di baseball, con l’obiettivo di misurare in modo oggettivo le prestazioni dei giocatori. Il sistema è stato applicato anche in altri sport, il basket in primis; e i risultati sono stati notevoli. La disponibilità e una corretta analisi del dato hanno portato successi. Sounds logic, direbbero negli states.
Ora spostiamo questo paradigma fuori dallo stadio per portarlo nei corridoi e negli uffici di un’azienda.
Immaginiamo di sederci a un consiglio d’amministrazione, a una riunione di team, a un’analisi di bilancio per decidere le prossime strategie di produzione e marketing. Scegliere un fornitore, una campagna pubblicitaria, quali prodotti lasciare e quelli su cui investire.
Credo vengano poste le stesse brutali domande di Bill James.
Chi sta davvero facendo la differenza? Chi genera valore e chi, invece, si limita a passare la palla? Chi protegge la squadra dai rischi e chi la espone senza accorgersene? Quali sono i settori che ci fanno correre più rischi e quali invece i nostri punti di forza’ Come siamo percepiti dalla clientela e come si muovono i nostri competitors? Aggiungiamo anche parametri del tipo quanti follower (veri) abbiamo online, chi conosce il nostro marchio e lo associa ai prodotti; come funziona la nostra logistica, la catena delle fornire e la filiera interna della Privacy, alla quale affiancare la NIS 2 e l’AI Act.
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Insomma, un’analisi completa di tutti i dati di tutte le operazioni e le fasi della nostra azienda. Un occhio ai bilanci e uno alle normative attuali e a quelle future; attenzione alle novità di mercato, alla concorrenza e al costo di materie prime e semilavorati. La rete di vendita? Altro elemento da conoscere alla perfezione per sapere come porsi su un nuovo mercato e con chi; conflitti aziendali, relazioni interne e contratti da adattare alle economie digitali nell’epoca dell’accesso.
E tropi altri ne potremmo aggiungere.
Le aziende già lo fanno (o pensano di farlo). Benetton lo ha fatto quando ha lanciato il suo stile con le foto di Oliviero Toscani negli anni 80. Lo ha fatto Bezos che ha basato sui dati l’efficienza dei processi, l’ottimizzazione e la valutazione dell’impatto anche dei microcambiamenti. Toyota, Netflix, Zara e anche Google sono aziende che hanno fatto di questo sistema di valutazione e analisi dei dati la loro chiave vincente nonché l’arco portante della loro organizzazione.
Una nuova chiave di lettura che non è una moda né un algoritmo, ma un modo nuovo di guardare all’organizzazione, ispirato alla disciplina creata per il baseball ma che si adatta perfettamente all’impresa. Una grammatica diversa nelle meeting room.
Questa analisi non misura la quantità, ma l’efficacia. Non l’ansia da prestazione, ma il contributo strategico e, forse, pur non sapendolo, molte aziende già la praticano perché hanno capito che la vera protezione, oggi, non viene dai firewall, ma da chi sa leggere i dati, anticipare i rischi, disinnescare gli errori.
Il dato, e non mi riferisco non solo a quelli personali, è l’architrave e intorno a questo si crea il nuovo sistema con una analisi dettagliata come leva strategica. Il dato è, al contempo, strumento e bussola, ma anche motore dell’impresa.
È nata la Cybermetrica.
lunedì 16 giugno 2025
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