GUARDA QUIhttps://www.accademiaitalianaprivacy.it/areaprivata/foto/557/01.png

Dettaglio news
La “legge Privacy” non esiste. Ancora errori di comprensione sul GDPR


lunedì 21 giugno 2021
Avv. Gianni Dell’Aiuto





Se da un personaggio pubblico che poteva anche diventare presidente del Consiglio dei ministri, membro del FMI e editorialista di testate prestigiose quali La Stampa e Repubblica si ascoltano le parole la legge privacy va cambiata, ci rendiamo conto di come vi sia ancora molta strada da fare. L’economista Carlo Cottarelli, già incaricato dal presidente Mattarella di formare il Governo prima dei Giuseppe Conte, ha usato queste parole in un recente Tweet su un provvedimento del garante che avvertiva di come la app IO non fosse adeguata e come presentasse problemi per erogare il Green Pass.


Problemi che dovranno essere risolti e poi via libera. Errori analoghi sono stati commessi da Carlo Calenda, aspirante sindaco di Roma, che ha definito il Garante un “intoppo burocratico quando questi si sarebbe permesso di ricordare che è lo Statuto dei Lavoratori, e non certo il GDPR, che prevede il divieto da parte del datore di lavoro di indagini sullo stato di salute dei dipendenti e di come, di conseguenza, la vaccinazione sui luoghi di lavoro permetta al datore di disporre dati che lo Statuto gli vieterebbe di avere.

In ogni caso Cottarelli e Calenda, specialmente il primo, hanno dimostrato una scarsa conoscenza della normativa e dimenticato che non è nelle mani del legislatore italiano poter cambiare il GDPR che, dobbiamo ribadirlo, non deve essere inteso come un ostacolo burocratico, bensì come un’opportunità per le aziende di organizzarsi in maniera etica e positiva minimizzando i dati e garantendone la protezione agli utenti.

Inoltre, quello di avere i propri dati personali protetti e non utilizzati a scopi illeciti e non dichiarati, è un ben preciso diritto dei cittadini per i quali, ricordiamolo, è stata creata una norma volta a proteggere la sfera privata non solo da massicci e invasivi invii di spam pubblicitario, ma anche di non essere profilati da aziende di qualsiasi tipo o organizzazioni magari politiche. 

Purtroppo, la confusione che viene ancora fatta e generata anche dal continuo utilizzo in maniera inopportuna del termine privacy, porta ancora a mescolare questo concetto con quello di protezione dati. Manca ancora l’educazione alla protezione del dato che, purtroppo, viene troppo spesso rilasciato dall’utente in rete senza consapevolezza e con molta confusione sui limiti normativi e senza leggere le informative spesso troppo complesse e magari ancora non a norma. Una diversa consapevolezza sembra peraltro sia emersa nel corso dell’ultimo G7 che, in un’ottica anticinese, ha parlato di una governance dei dati che potrebbe portare ulteriori interventi globali sul sistema di protezione dati e, forse, di disciplinare un internet ancora troppo far west e con normative non chiare, come abbiamo visto, anche a chi dovrebbe applicarle.

Non è solo una questione di terminologia corretta (anche se sarebbe lecito aspettarsela), bensì di conoscenza e consapevolezza di un argomento sensibile che tocca tutti e, in particolare, i minori e i più piccoli.

 




CONDIVIDI QUESTA PAGINA!