GUARDA QUIhttps://www.accademiaitalianaprivacy.it/assets/images/immagineFB.jpg

Dettaglio news
Il contratto del social medial manager tra interessi in conflitto, responsabilità e dati a disposizione


lunedì 9 dicembre 2019
Avv. Gianni Dell’Aiuto



Era inevitabile, il mondo di Internet ha portato alla nascita di nuove professioni e contribuito alla scomparsa di altre. Non esistono più le agenzie matrimoniali, le stenografe e dattilografe, ma, in compenso, abbiamo i blogger e quella figura che va molto di moda che è il social media manager. Si tratta di un esperto della rete o, più esattamente dei social, quella forma di connessione tra un’azienda, un personaggio pubblico, un blogger e il suo potenziale pubblico di follower, clienti, elettori e così via. Chiunque voglia avere ed incrementare la propria presenza in rete deve avere una digital strategy, possibilmente sotto la guida di un esperto non solo di marketing come veniva inteso una volta, ma che abbia una piena padronanza dei nuovi mezzi di comunicazione. Non solo, quindi, un sito web da aggiornare e promuovere, ma anche tutti i social che esistono oggi e quelli che verranno. Dai tradizionali Facebook e Twitter, siamo passati a Pinterest e Instagram; adesso si è già affermato Tik-Tok, e considerata la velocità con cui nascono social e nuove mode, il lavoro di aggiornamento di queste figure professionali non è certo dei più semplici.

Ovviamente il Social Media Manager dovrà regolarizzare la propria figura a livello fiscale e tributario, ma sono gli aspetti giuridici quelli che purtroppo sono oggetto di scarsa attenzione. Nei sempre più numerosi corsi per diventare social Media Manager (SMM), figura di consulente nel settore web marketing cui vengono richieste competenze quali la creatività e la strategia, non si trovano molti riferimenti a nozioni di diritto. Grave errore, in quanto una volta in azione, il SMM assume responsabilità nei confronti del proprio committente ma anche nei confronti di terzi. Necessaria quindi la predisposizione di contratti adeguatamente costruiti e magari non scaricati dalla rete.

La prima considerazione da farsi, muove dal fatto che le parti del contratto, un’azienda e un SMM, ben possano voler dedurre nel contratto obbligazioni che non collimano. Se infatti da un lato il committente è mosso dal volere aumento di click, like, follower, visibilità e fatturato, e quindi un’obbligazione di mezzi, dall’altro lato il Manager difficilmente può offrire garanzie e in tal senso e, pertanto, ciò che può dedurre nel contratto da parte propria, è un’obbligazione di mezzi; mezzi che, oltretutto, possono essere quelli messi a disposizione proprio dal committente. Non si tratta quindi di un’opera semplice quella di far collimare esigenze contrapposte.

Ulteriore aspetto da valutare è che il SMM accede ad una infinita serie di dati dell’azienda quali i codici di accesso ai social oppure è lui a crearli e inserire password e altri dati sulla rete. E’ sempre poi il SMM ad avere la disponibilità quantomeno di nome e cognome, o account, spesso anche delle mail o altri dati, dei follower e di chi commenta e condivide. Quanto basta per potersi creare un database e una possibile profilazione completa degli utenti, magari da rivendere alla concorrenza al termine del rapporto di collaborazione o anche, in forma più riservata, ad aziende di marketing e profilazione. Ovviamente ne subirebbe le conseguenze, ma l’azienda preponente dovrebbe denunciare il data breach con ogni conseguenza. In tal senso è opportuno l’inserimento nel contratto di clausole che tutelino i Titolari è a dir poco insdispensabile.

Non è poi impossibile che il SMM o l’azienda da cui dipende debbano addirittura trattare i dati in quanto, ad esempio, stati incaricati di inviare mailing list o svolgere interviste o sondaggi. Gli esempi possono moltiplicarsi e assumere diverse sfaccettature, che devono essere tenute in debita considerazione per poter predisporre un contratto che possa disciplinarle al meglio ed evitare rischi per entrambe le parti e per tutti i terzi interessati.

Consideriamo anche, sempre tra i possibili esempi, il margine di discrezionalità lasciato al SMM di agire sui social per promuovere l’azienda o un prodotto. Si è registrato un caso di agenzia social che ha provato a promuovere i prodotti di un sexy shop su Facebook. Ovviamente è scattato il ban dei post e l’oscuramento della pagina. I danni di immagine sono stati ovviamente enormi e, in questo caso, dovrebbero essere a carico dell’agenzia; ma in quante aziende si affidano ad agenzie strutturate sulle quali rivalersi ovvero a freelance sicuramente competenti ma non solvibili? L’esempio portato è forse un caso limite ma significativo. Il grafico e il SMM devono avere fantasia e magari provocare l’audience; ma cosa accadrebbe nel non improbabile caso in cui la provocazione urtasse la suscettibilità di una categoria di consumatori che potrebbero intraprendere una class action? Non tutti i SMM possono permettersi di agire come Oliviero Toscani.

Infine, giusto per puntualizzare, quello del SMM, che nella pratica e nella conversazione viene definito un contratto di servizi, nella realtà è un vero e proprio appalto, nel quale anche il Social Media Manager assume la qualifica di imprenditore e, come tale dovrà, assumersi oneri, rischi e responsabilità.




CONDIVIDI QUESTA PAGINA!