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Consenso per la pubblicazione di immagini di minori, tra dubbi e incertezze giurisprudenziali


venerdì 15 novembre 2019
Avv. Gianni Dell’Aiuto





In una recente sentenza, il Tribunale di Ravenna si è espresso sulla delicata questione del consenso alla pubblicazione di fotografie di minori sui social da parte di genitori separati con affido congiunto. Nella fattispecie si trattava della pubblicazione di immagini su Facebook di una sfilata di moda per bambini; il consenso alla pubblicazione era stato manifestato soltanto dalla madre. Pur respingendo la domanda di risarcimento danni proposta dal padre nei confronti degli organizzatori della manifestazione, il Tribunale, nelle motivazioni ha posto in evidenza come il comportamento di questi costituisca illecito ai sensi dell’art. 2043, in quanto ha violato il principio secondo cui entrambi i genitori devono partecipare a tutte le scelte che riguardano quotidianamente i figli minori. Sul punto si avanzano delle perplessità; pur dando atto della leggerezza da parte degli organizzatori, la responsabilità dovrebbe essere a carico della madre che, in questa situazione, ha deciso autonomamente, forse senza neppure informare i predetti organizzatori di essere separata. Ciò non toglie che, comunque, chi mette in rete immagini di minori deve raddoppiare le forme di cautela, magari proprio chiedendo al genitore che presta un consenso, se sia legittimato in tal senso. Anche in questo caso la previsione di adeguate informative, anche ai sensi del GDPR, sarebbe quantomeno doverosa.

Altro punto della sentenza che lascia qualche perplessità, sempre nella sua parte motiva, è quella in cui il giudicante esclude la possibilità di risarcimento danni per la pubblicazione di immagini della bambina, con volto non oscurato, e per un breve periodo, dalla astratta pericolosità derivante dalla presenza di malintenzionati sul web e dalla circostanza che i profili su cui era pubblicata non fossero accessibili a tutti.

Questa parte della sentenza sembra porsi in contrasto con altra pronuncia del Tribunale di Rieti che ha considerato la pubblicazione di foto di minori in rete di per sé pregiudizievole proprio per le caratteristiche del web che consente una diffusione fin troppo rapida di dati e immagini al punto da rendere quasi impossibili, e comunque inefficaci, forme di controllo e cautele poste in essere ex post. Questa pronunzia si pone sulla stessa linea di altra decisione dei Tribunali di Mantova e Roma che hanno correttamente ritenuto il comportamento di chi posta foto di minori sui social, potenzialmente pregiudizievole ad iniziare dal dato di fatto obiettivo della potenziale diffusione ad un numero indeterminato di persone di cui non si conoscono certo le intenzioni. Queste pronunzie si basano anche sulle obiettive circostanze che le immagini, taggate o non, possono essere usate per fotomontaggi o come materiale pedopornografico, come è purtroppo spesso emerso da indagini di polizia. Pertanto il pericolo ben si può ritenere in re ipsa.

Tenuto poi conto dell’espandersi dell’uso di social da parte di giovanissimi, ultimo in ordine di tempo TikTok, che nulla sembra voler fare per la tutela dei dati di utenti giovanissimi, il richiamo a maggiori cautele e attenzioni è doveroso per tutti coloro che consegnano, in pasto ad una rete di sconosciuti, immagini di minori.

Teniamo presente in ogni caso che stiamo parlando di minori al di sotto dei quattordici anni, in quanto il D. Lgs. 101/2018 ha stabilito che il consenso al trattamento dati possa essere prestato da chi ha compiuto i quattordici anni. La norma, testualmente, recita che, “in attuazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento, il minore che ha compiuto i quattordici anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione”. Alcune realtà europee hanno abbassato il limite a tredici anni, altre lo prevedono a sedici. Ma il problema, alla base, resta sempre e comunque quello della cultura della protezione del dato. Argomento in cui, perlomeno in Italia, siamo molto carenti.

 




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