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Dettaglio news
Il diritto all’oblio e il nuovo GDPR Il paradosso del caso Venditti


venerdì 18 maggio 2018
di Avv. Gianni Dell'Aiuto





Dopo averlo espressamente menzionato nelle sue premesse, il nuovo Regolamento Europeo in materia di trattamento dati personali (GDPR), che entrerà in vigore il prossimo 25 Maggio, pone a carico del Titolare del Trattamento dati l’obbligo di garantire all’interessato il cd “Diritto all’Oblio,” quale particolare espressione del più ampio diritto alla riservatezza.

È stato infatti stabilito che è diritto del titolare dei dati personali ottenere la cancellazione degli stessi dai server, archivi e registri di chi ne sia nella disponibilità, quando non siano più necessari per le finalità del trattamento, nel caso in cui sia l’interessato stesso a revocare l’autorizzazione al trattamento o si opponga e laddove non sussistano altri ragioni o fondamento giuridico, o motivo legittimo prevalente (art. 17 GDPR). Ergo il titolare del trattamento dati personali oltre a doversi preoccupare della acquisizione, trattamento e gestione dati, nel rigoroso rispetto della nuova disciplina, dovrà essere in grado di poter eseguire una completa cancellazione degli stessi e, in tal senso, appare opportuno prevederlo fin dalla redazione dell’informativa che l’interessato dovrà sottoscrivere, sia essa cartacea o su supporto informatico. Un onere non indifferente per il titolare del trattamento, azienda o privato esso sia, che si aggiunge agli altri previsti dalla norma, tra i quali spicca la concessione dell’accesso ai dati trattati da parte dell’interessato.

Diritto all'oblio, brevi cenni
Nel nostro ordinamento il diritto all’oblio è relativamente recente e, per la prima volta, se ne è parlato negli anni 90. Nasce principalmente e in origine per tutelare il diritto ad essere dimenticati da parte di autori di reato quando, a distanza spesso di anni, il loro nome tornava alle cronache in una accezione negativa, ad esempio, nell’occasione di anniversari dei loro delitti anche quando, probabilmente, dopo avere espiato la loro pena si erano completamente riabilitati e reinseriti. Da notare che di diritto all’oblio si parlava a livello giurisprudenziale ben prima che la vecchia normativa in materia di tutela dei dati personali entrasse in vigore nel 1996.

Il Diritto all’Oblio, nella sua più stretta accezione, deve peraltro trovare un suo giusto contemperamento con il diritto di cronaca e di informazione. Sarà quindi compito eventualmente di un giudice valutare se debbano prevalere le ragioni dell’informazione o quelli di una maggiore protezione di un individuo, e spesso anche dei suoi familiari. Tra gli elementi che devono essere tenuti in considerazione emergono oltre alla notorietà del personaggio, il lasso di tempo trascorso dal fatto e l’interesse che possa trovarvi la pubblica opinione.

Un esempio: la Corte di Cassazione sul "caso Venditti"
Di recente la Corte di Cassazione ha dovuto giudicare sull’argomento e, grazie alla stampa, una sentenza che ha sancito la sussistenza e il dovere di applicazione del diritto all’oblio nei confronti di un personaggio pubblico si è ritorta contro quest’ultimo. 

I fatti in estrema sintesi: nell’anno 2000 il cantante Antonello Venditti rifiutava di concedere un’intervista ad una delle trasmissioni di RAI 1 di stampo nazionalpopolare. Il rifiuto veniva ripreso e, nella sua immediatezza, trasmesso sugli schermi. Cinque anni dopo, lo stesso filmato veniva di nuovo mandato in onda e nell’occasione il cantante veniva indicato quale uno dei personaggi più scorbutici e antipatici dello spettacolo. Il Tribunale di Roma e la Corte di Appello rigettavano la domanda di oblio di Venditti motivando con la notorietà del personaggio la loro decisione.

La Corte di Cassazione, con una sentenza ricca di interessanti argomentazioni giuridiche, ha viceversa rilevato come sia prevalente l’interesse dell’individuo a che le vicende a lui inerenti, per essere trasmesse, debbano rivestire carattere di attualità, oltre a dover essere suscettibili di interesse apprezzabile da parte della comunità. Laddove queste condizioni non si verifichino, è legittimo per l'interessato invocare il diritto all’oblio e ottenere la rimozione delle immagini che lo riguardino. La Cassazione ripercorre nelle sue argomentazioni la disciplina comunitaria e, con precipuo riferimento ai periodici on line, rileva come il diritto all’oblio possa essere leso anche quando negli archivi storici della rete internet non vengano rimosse notizie relative a fatti, anche remoti, senza alcun interesse pregnante e attuale.

I Giudici di Piazza Cavour hanno quindi posto importanti linee guida in ordine ai presupposti che, si ritiene, dovranno essere considerati perché possa essere accertato il diritto all’oblio. In particolare

  1. il contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;
  2. l'interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia, mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l'immagine;
  3. l'elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato;
  4. le modalità impiegate per ottenere e dare l'informazione, che dovrà essere veritiera, diffusa con modalità che rispettino lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali;
  5. la preventiva informazione circa la trasmissione della notizia a distanza di tempo, in modo da consentire all'interessato il diritto di replica prima della divulgazione stessa.

Non sussistendo i presupposti indicati nel caso di specie, la Cassazione ha annullato la sentenza già favorevole alla RAI, che ha visto anche respinta la domanda volta a far ricadere la vicenda nel legittimo esercizio del diritto di satira, disponendo un nuovo processo nel quale si tenga conto delle argomentazioni fornite. 

All’esito di questa vicenda, prontamente ripresa dagli organi di stampa, in vista del nuovo processo, l’effetto più evidente e forse meno voluto dal protagonista principale, è che una vicenda del 2000, che si chiedeva essere dimenticata, possibilmente, cancellata dalla rete e mai più trasmessa, è tornata alla ribalta quasi venti anni dopo. Ma parte della colpa è dei tempi della Giustizia Italiana. 

In ogni caso i principi enunciati dalla Cassazione nella fattispecie, sembrano talmente esaustivi che, si ritiene, troveranno applicazione ogniqualvolta venga invocato il diritto all’oblio e, seppur non direttamente afferenti al GDPO, dovranno essere considerati per i criteri di cancellazione dei dati dai propri server, una volta richiesto dall’interessato.




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