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SOFTWARE AS A SERVICE - nuovi contratti del mercato digitale e gestione dati


venerdì 22 marzo 2019
di avv. Gianni Dell'Aiuto




Il mondo della tecnologia e quello di internet sono realtà che oggi si muovono ad una velocità a dir poco impressionante. Basti pensare che il terminale su cui state leggendo adesso, è probabilmente nuovo ma già superato da soluzioni che saranno a breve sul mercato. Per non parlare di sistemi, programmi, app e così via; basti pensare che solo il mercato di quest’ultime oggi impiega in Italia quasi due milioni di persone ed è in costante crescita. Tutto ciò ovviamente si è ripercosso anche sugli aspetti giuridici del mercato, determinando modifiche, spesso rilevanti, ai vecchi schemi contrattuali probabilmente non più adeguati ai nuovi contesti e, in ogni caso, ulteriori variazioni e accorgimenti che si sono resi necessari quando vengono trattati dati personali e sensibili.

Preliminarmente, per comprendere il tema, teniamo sempre presente che stiamo vivendo in un nuovo mercato, che sta sostituendo il vecchio sistema in cui la proprietà di beni era al centro del sistema, con quello definito dall’economista americano Jeremy Rifkin l’era dell’accesso. In estrema sintesi un sistema in cui si tende a smobilizzare i beni per sostituirli, come valore e strumenti dell’impresa, con l’informazione e le relazioni e nel quale, per non essere esclusi, è necessario potere essere sempre in contatto, con la possibilità di accedere a soluzioni nuove, personalizzate e creare rapporti definiti, non a caso, lifetime che non impongano a imprese e clienti di essere vincolati nel lungo termine a beni immateriali.

Il mercato del software ne è probabilmente l’esempio più evidente e nella sua applicazione concreta il vecchio contratto di licenza di un software si è trasformato nel più dinamico Software as a service (SaaS), o Software come servizio che, nato per indicare il sistema di distribuzione del software, in cloud o tramite internet e non più installati o gestiti da risorse del fornitore sugli impianti del cliente, indica anche il contratto che lega le parti.

Offrendo il fornitore un servizio che, nel breve periodo, potrebbe rivelarsi superato - e comunque sempre migliorabile - nasce la necessità di uno schema contrattuale che possa adattarsi non solo alle immediate e reciproche necessità delle parti, ma anche a disciplinare lo svolgimento nel tempo del rapporto. Ad esempio, il post vendita potrebbe configurare una nuova fase di trattative per l’adeguamento del sistema alle necessità del cliente e della sua utenza. Si tratterà pertanto di un lavoro di taglia e cuci da parte dei legali sulla singola operazione; legali che non potranno usare schemi contrattuali preconfezionati su precedenti fattispecie.

A tutto ciò si aggiunge oggi la problematica del trattamento dati personali. E’ pur vero che difficilmente il fornitore di un software in cloud o tramite la rete venga in possesso dei dati personali che vengono trattati da un cliente, ma le aziende devono tenere presente che:

  • le operazioni vengono materialmente svolte da risorse che possono essere fallibili;
  • il 65 per cento delle violazioni informatiche sono imputabili a dipendenti che, oltre ad agire per profitto, spesso causano danni per distrazione, negligenza o incompetenza.

Da qui la necessità per le aziende di proteggersi con gli strumenti offerti dalla tecnologia e dall’informatica, quali ad esempio il Treath Hunting, ma anche quella di prevedere clausole contrattuali che tengano in considerazione situazioni di criticità laddove si corra il rischio di perdita, furto o altro in relazione ai dati personali. E queste esigenze sono più vive nei contratti di Saas nei quali, è opportuno ricordare, la catena di fornitori potrebbe anche essere formata da più anelli. Quale potrebbe essere quello debole?




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