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Dettaglio news
Agli admin di blog non si applica la disciplina degli internet provider


mercoledì 5 febbraio 2020
di Avv. Gianni Dell'Aiuto





In una sentenza dello scorso anno la Corte di Cassazione, in un procedimento per diffamazione a mezzo internet, ha esaminato una interessante ed importante questione in materia di responsabilità degli admin di un blog e, per l’effetto, le conseguenze penali delle proprie condotte. Brevemente i fatti. L’admin di un blog, imputato, pubblicava una lettera aperta ricevuta da un utente, dal tono decisamente pesante, che riceveva non pochi commenti anonimi. Il tutto veniva rimosso solo a seguito dell’intervento del provider Google che, addirittura, oscurava la pagina. 

La Corte di Cassazione, nella motivazione della sentenza, ha svolto una puntuale analisi dell’aumento di occasioni per commettere reati che viene data dalla rete e dalle sue infinite potenzialità e modalità di uso. Non solo, pertanto, nuove figure di reato che vanno dal cyberbullismo all’accesso abusivo a reti informatiche, ma anche differenti modalità per commettere i reati più classici quali, appunto, la diffamazione. Proprio in merito a quest’ultima, in particolare, la Corte ha rilevato come l’agire in rete permetta di avere un potenziale numero infinito di utenti che possono essere raggiunti, nonché la circostanza che esistono in internet gli haters che, magari nascondendosi dietro l’anonimato, amplificano la portata delle notizie e delle comunicazioni. Ecco che, ad esempio, la diffamazione a mezzo Facebook è aggravata sotto il profilo dell’offesa.

Nel caso che ci interessa, i giudici di legittimità hanno mosso il loro ragionamento dalla circostanza che l’internet provider, soggetto che offre un servizio in forma professionale, non ha un obbligo di vigilanza preventiva su quanto pubblicato nelle pagine messe a disposizione degli utenti. Non vi è quindi responsabilità quando svolgono servizi definiti di mera condotta, caching e hosting. Del resto, correttamente ha rilevato la Corte, si tratta di mera attività che mette a disposizione gli strumenti utilizzati dall’utente finale per trasmettere o memorizzare informazioni. In sintesi un access provider non è responsabile dei contenuti che vengono immessi sulle sue reti quando ricorrono tre condizioni negative: non dia origine alla trasmissione; non selezioni il destinatario della trasmissione; non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse. Il suo ruolo è solamente passivo.

Ne discende, come previsto anche nella Direttiva Europea di riferimento, la mancanza di obblighi in capo al provider non solo di vigilanza ex ante, ma anche di ricerca attiva di contenuti, fatti, circostanze che rivelino l’illiceità di una attività. Peraltro il provider ha l’obbligo di informare le autorità competenti di eventuali illeciti e a condividere con le stesse ogni informazione utile per identificare l'autore. La mancata collaborazione con le autorità comporta una responsabilità civile, ma non penale dei providers.

Da ciò discende una sostanziale differenza tra internet provider e amministratori di blog: questi ultimi non forniscono un servizio ma mettono a disposizione una piattaforma, aperta agli utenti, sulla quale interagire su temi quasi sempre scelti proprio dallo stesso blogger che gestisce una vera e propria linea editoriale su uno strumento di comunicazione e diffusione del pensiero aggiornabile in tempo reale. Andando avanti, per propria definizione, il blog permette di interagire e chiunque può commentare i contenuti originari e, a questo punto, scattano le responsabilità del blogger. Ciò non vuol dire che egli sia responsabile di tutto quanto viene pubblicato sulle sue pagine; sarebbe esagerato imporre un tale dovere di vigilanza. Peraltro, quando il blog sia stato implementato di filtri nella pubblicazione dei contenuti, per evitare conseguenze penali il gestore è tenuto a vigilare ed approvare i commenti prima che questi siano pubblicati. Ciò al fine di escludere la sua responsabilità quando abbia la possibilità di eliminare immediatamente, e magari non accettare, post o commenti offensivi.

Applicando questi principi al caso che doveva valutare, la Cassazione ha pertanto rilevato che la mancata immediata attivazione da parte del gestore del blog per eliminare post e commenti offensivi, una volta che ne era stato portato a conoscenza, integri la fattispecie di reato, in particolare per avere permesso la pubblicazione ed il mantenimento dei contenuti offensivi. Il tentativo della difesa dell’imputato di equiparare i gestori di blog agli internet provider, in ordine alle responsabilità delle loro azioni o, come in questo caso, omissioni, è stato respinto. 




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